Te lo DICO io

Ci sono un paio di cosette che non mi sembrano affatto chiare nella storia dei Dico (ex pacs) e nell'opposizione che ne fa la Chiesa e alcune frange di tradizional-ipocrit-omofobici-conservatori.

Gli slogan di chi professa la sua antipatia a questo tentativo di legalizzare le unioni di fatto etero e omosessuali, si basano su un preciso concetto: "Difendere la famiglia". Ma andiamo, che state dicendo? Sono proprio i Dico che "difendono la famiglia". Allora forse la disputa non è su quel "difendere" ma sul concetto di "famiglia". Che vuol dire "famiglia" se non "unione di una coppia"? E come deve essere questa coppia perché sia giudicata degna di essere legalizzata? Un maschio e una femmina, magari coetanei e se non hanno la stessa età, lui deve essere al massimo un paio d'anni più grande. Questa è la famiglia che si deve difendere? O forse la cosa che fa storcere di più il naso è l'idea che la gente possa smettere di sposarsi in chiesa o in comune? Addio al velo e al vestito bianco, addio al fiore all'ochiello e ai banchetti. Addio ai giuramenti sotto Cristo morente o davanti a un sindaco impacchettato nel bel tricolore come una miss. Il matrimonio è un patto privato fra due persone che decidono di condividere gioie e dolori restando l'una al fianco dell'altra. Due persone che decidono di rendere pubblica e di assumersi diritti e doveri della loro unione. Una famiglia è un'unione di questo tipo. Quindi "difendere la famiglia" non è opporsi ai Dico. Se fossero più onesti scriverebbero sui loro slogan "Difendere il Matrimonio in Chiesa".

Poi insomma che razza di male ci vede la Chiesa se avessi il potere legale di rivendicare diritti sul mio compagno ovunque cerchi di fuggire: carcere, ospedale e persino sotto terra? Non è una tortura pure questa? O forse non è abbastanza pungente come il cilicio?