lunedì 29 ottobre 2007

Scusi, come si chiude?

E così oggi è lunedì, che non ha per niente l'aspetto di un quasi-vacanza, perché dove lavoro io il ponte non si fa. Non esiste nessun ponte nei dintorni, a parte quello della tangenziale vicino alla stazione dei pompieri. Lunedì, dicevo. E come tutti i lunedì non c'è un granché da ridere. Come se non bastasse, mi chiama il mio ex in pausa pranzo, chiama da un telefono che si spegne ogni tre parole (e non erano certo Sole, Cuore e Amore). Quindi nel giro di tredici telefonate, riesco a percepire la sua urgenza nel chiudere in fretta la nostra questione ancora aperta: la casa.
Sì perché noi eravamo stati fra quei pochi fortunati che sono riusciti a comprare 40mq con un mutuo. Ed erano i 40mq più eleganti e ben sfruttati che avessi mai visto in vita mia.
Fatto sta che non sono serviti. Tre mesi dopo il nostro menage, ci siamo lasciati. Adesso la maggior parte delle mie cose è rimasta ancora là fra la specchiera girevole dell'entrata, le mattonelle con le note musicali del cucinotto e il letto colorato che ho preso con una televendita. Immagino che la nuova ragazza che abita là dentro abbia fatto dei commenti. E come dargliene atto? Se fossi entrata io a casa del mio ragazzo ancora popolata di cose della ex, probabilmente avrei fatto molto più che "qualche commento". Penso che non ce la faccio a chiudere quella porta che mi è sembrata molto leggera quando dopo pochi mesi di convivenza me la sono tirata alle spalle. Penso che adesso la vorrei rivedere aperta. Penso senza sapere esattamente il perché. Penso di non essere pentita ma di sentire un legame innaturale verso quella casa, quegli sforzi e quella felicità che forse non era reale. Poi penso che invece sono incazzata, sono delusa e nervosa perché io non la vorrei risolvere proprio. Non voglio scegliere se tenermela o lasciargliela. Non voglio prendere la mia roba da là e non la voglio nemmeno più usare. Vorrei stare così ferma e odio tutto quello che mi ci fa pensare. E penso che in fondo è solo una casa, quattro mura e un tavolo. Penso che sia mia, solo mia. E penso che non la voglio. La odio e mi strazia il cuore. Penso che se da quella storia ne fosse nato un bambino, adesso odierei anche lui. Ma come cristosanto si fa a chiudere con un bambino di mezzo, quando per me è già così difficile quando di mezzo ci stanno solo 4 mura?

2 commenti:

ghettoculturale ha detto...

Ma allora non ci siamo capiti.
Abbiamo già parlato di queste cose, e la risposta è stata VIOLENZA.
O no?!

Vilipendio ha detto...

Ehilà! Come promesso, e con una latenza di appena qualche mese, eccomi a commentare quello tra i tuoi post che m'era piaciuto di +.
Perché m'era piaciuto?
1) perché inizia seguendo un'epifania solo tua, cui dedichi molto più spazio che al mero fatto in sé (che poi è esattamente il meccanismo con cui i pensieri ci affiorano nella capa a tutti quanti)
2) perché questo crea uno tuo stile del tutto personale, e gli stili personali sono una tale ficata
3) perché quando le porte da leggère si fanno pesanti mi fa impazzì
4) perché sei riuscita a fotografare l'idea di sospensione molto più e molto meglio di quanto non abbia fatto Sinigallia quando Descriveva l'Attimo per bocca di Zampaglione
5) perché nel parlare dell'odio che avresti provato per un potenziale incolpevole bimbo ti trovo fica di una ficaggine a cui tante ipocrite Filippiche di Mariadefilìppi ci hanno disabituato. E' bello e consolatorio vedere che non sono l'unico adulto del pianeta a non aver perso l'atavico istinto infantile di battere il piedino per terra e dire 'non gioco più'.

Sono stato didascalico, per farmi perdonare ti passo il link Paziente in cui troverai la storia che ti piaceva tanto sul Chiamare le cose col loro nome.
Ma di lezioni di basso il venerdì non ne prendi più? O non prendi più il caffé in certi quartieri di Roma? Fammi sapere, che devo giusto unire il dilettevole all'utile facendoti un sacco di domande sulla gestione informatica di sti blog.

Ultima cosa: più i tuoi post sono autoreferenziali più mi fanno impazzir. Mi riferisco ad esempio alla serie 'Il momento giusto al momento sbagliato', oppure a quando parti da uno spunto autobiografico e finisci dove ti pare a te, tipo Insonnia, Celeste Nostalgia (la tua arguzia titolare mi ha ammirato) o le tue peripezie telefoniche. Oppure alle tue satire di costume quali Trastevere al sab. sera, Spazio e tempo (alta velocità, uau!), o la storia dei tacchi che è spettacolare. Cavolo, mi ti sei portata appresso dove ti pareva con quei post, raramente mi fanno sentire così inerziale. Sì sì, spesso le cose che ultimamente segnali sono interessanti e fanno pensare, ma Te stessa è + interessante, vuoi mettere? E forse non solo per me, stando alle differenti quantità di commenti.
Fatto sta che il tuo blog lo leggo sempre volentieri, prima di addormentarmi lo porto a letto di notte con tutto il computer e la mattina mi sveglio con certi bitorzoli.
Bella Nicolé, vediamo pe sto caffé.