martedì 29 maggio 2007

Quentin Tarantella




Che finimondo sulla riviera stellata di Cannes, fra tappeti rossi e conti in tasca al botteghino per premiare il film che ha sbancato di più. Forse un po’ di polemica ci voleva per attirare la curiosità sull’ultimo film, Grindhouse, del regista Tarantino che ha aperto il fuoco dicendo: “Il cinema italiano è deprimente”. Sì, forse è vero che i pregiudizi spingono a dire che è deprimente e che se si esce per gustarsi una storia, difficilmente si finisce in una sala dove proiettano un film italiano. Però è anche vero che tutta questa originalità e freschezza non la si trova nemmeno più tanto facilmente nelle pellicole americane, dove i veri capolavori difficilmente hanno firme anonime. È facile dire che oggi i film sono prevalentemente commerciali e che vengono premiati solo quelli che fanno grandi incassi, però è anche vero che ai tempi d’oro del cinema americano fra i registi commerciali si trovavano anche Alfred Hitchcock e Billy Wilder. Il nostro cinema commerciale fa schifo, forse più di quello d’Oltreoceano, però fra questo e quello “impegnato” che molto spesso, è vero, è deprimente, c’è anche la via di mezzo. Prendiamo il caso della Torre di cui basterebbe il suo “Tano da morire” del 1997 per fare da controparte al premiato-ingiustamente Marie Antoinette di Sofia Coppola. Ma che ne può sapere il regista di Pulp Fiction? Sì perché, nonostante il suo ultimo film sia tuttora nelle sale di mezzo mondo, lui continua a essere ricordato come colui che ha fatto riemergere Travolta (chediolobenedica!). E lasciamo perdere la sua orgogliosa affermazione: “potrei fare nomi di registi che mi piacciono provenienti da molti paesi ma non dall’Italia” che potrebbe essere una scelta dettata dai suoi gusti personali e, spero, non un pourparler basato su una scarsa conoscenza di non troppo antichi registi come Scola, Taviani e Monicelli, il cui ultimo film “Le rose del deserto”, 2007, non parlava né di un ragazzo, né di una ragazza e né di vacanze per minorati mentali. Non c’è bisogno di attaccarsi agli storici nomi di bandiera per difendere il cinema italiano perché, nonostante non tutti lo sappiano, nell’ultima generazione c’è una rosa di nomi che meriterebbe di stare all’occhiello dell’elegante abito da sera che anche l’Italia potrebbe indossare a Venezia, come a Cannes, come a Los Angeles. Sorrentino è un ragazzo del 1970 e fra i suoi film basterebbe ricordare “Le conseguenze dell’amore” (2004) e “L’amico di famiglia” (2006) per sentirsi di nuovo rincuorati. Crialese è nato a Roma nel 1965: non vi dicono niente “Respiro” (che proprio nel 2002 vinse in quel di Cannes) e “Nuovomondo” (2006)? E Tornatore di “Nuovo cinema Paradiso”, “L’uomo delle stelle” e “La sconosciuta” (2006)? Genovese e Miniero, lontano da gossip e grandi manifestazioni, escono nelle sale il 2002 con un gioiellino di vera comicità italiana “Incantesimo napoletano” e un paio di anni dopo riconfermano il loro talento, nel silenzio della stampa internazionale e lontano dagli occhi di Tarantino, con “Nessun messaggio in segreteria” dove persino la Falchi recita bene. E poi ci sono Cavani, Martone, Montaldo che con “Sacco e Vanzetti” vinse proprio a Cannes, Virzì con il suo esordiente “Ovosodo” (1997) e il successivo e più recente “Baci e Abbracci” del 2000. Insomma, non è proprio il momento di dire che il cinema italiano si sia fermato agli anni ’70 e né che sia solo deprimente. Potrebbe anche essere probabile che al caro Quentin piacciano solo splatteraggi e viulenzzz e allora si ritrovi, orfano del primo Abatantuono e di Tomas Milian, sperduto nel nuovo oceano di pellicola italiana che non è solo storie ritrite e battute da fichid’india. Ma potrebbe anche darsi che lui non abbia la minima idea del nostro cinema recente, e come potrebbe visto che esportiamo solo Bellucci, Cucinotta, Bova, Accorsi e Muccino? Sarebbe carino far recapitare in quel di Cannes qualche bel filmetto nostrano con un bigliettino del genere: “Caro Quentin, immagino che lei abbia mosso le sue critiche ben conoscendo anche le ultime creazioni italiane di celluloide, e che forse avrà già visto questo film che le ho inviato, e allora potrebbe approfondire la sua dichiarazione andando oltre il “deprimente” e spiegandoci perché non le piace Sorrentino, per esempio?

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