lunedì 30 luglio 2007

IL momento giusto al momento sbagliato 6

Luca aveva sempre fatto parte della mia vita. Così un bel giorno, non so perché né so come, ci ritrovammo a guardarci con occhi diversi. Decisi di fare le cose con calma e nel momento in cui tutto sembrava girare per il meglio, mi trasferii a casa sua senza rendermene nemmeno conto. Cominciai con il week-end e poi diventò una settimana. Successe che lui mi fece spazio nei suoi armadi e finì che ogni volta che mi trovavo a casa sua non avevo bisogno nemmeno di portarmi dietro il balsamo per i capelli. Con Luca la vita era rilassata e allegra. Non navigavamo nell’oro ma trovavamo il modo di non fare troppe rinunce. Andavamo al cinema, ai concerti, a cena fuori. Oppure passavamo le serate a casa davanti alla Tv. A volte lui usciva con gli amici e mi svegliava al rientro. Altre volte uscivo io e quando tornavo non riuscivo mai a svegliarlo. Insomma era divertente, così divertente e sereno che mi venne voglia di mettere su famiglia. Sapete, non è vera la storia dell’orologio biologico, non è vero che quando scatta va bene chiunque ti ritrovi in quel momento. Almeno io prima di allora, né dopo per il momento, avevo mai sentito l’istinto di rendere qualcuno un padre. Così ne parlammo, io gli spiegai la mia idea su quanto è bello avere una famiglia e di comune accordo, senza troppi giri di parole, decidemmo di lasciarci. Lui non se la sentiva, aveva ancora un sacco di anni di puro divertimento davanti agli occhi e immagino anche davanti alla sua scrivania di lavoro visto che dopo qualche mese che ci siamo lasciati mi confessò di avere una relazione ufficiosa con la segretaria del capo, una tresca in atto con una del terzo piano del suo ufficio e un flirt di sguardi e doppi sensi con un’altra del quinto. Non credo che mentre stava con me avesse intrapreso altre avventure extra, non era il tipo di mettersi a casa una ragazza per poi tradirla continuamente. Piuttosto evitava la convivenza come la peste e con me aveva fatto un’eccezione perché in fondo eravamo amici, prima che iniziasse tutto. E in fondo due amici restano due amici anche quando condividono un letto. Per questo credo che quando cominciai a parlargli di un figlio, lui prese coscienza del fatto che ero una donna e che casomai ero un’amica, con la A finale. Insomma non un compagno di giochi. Restammo sempre in contatto ma decisi che era meglio non vederci per un po’. Poi questo “po’” divenne un anno, poi due e quando lo rincontrai senza sentire nessun desiderio di saltargli alla carotide per tranciargliela con un morso netto, decisi che potevamo tornare a essere vecchi amici senza complicazioni di genere. Una sera andammo a un concerto e lui mi presentò Antonino, uno di quei cani piccoli con il muso schiacciato e pieno di rughe. Antonino ringhiava a tutti e Luca mi spiegava che questo dipendeva dal fatto che fosse viziato, che gli ci voleva una “sorellina”. Ecco, sì, sicuramente una sorellina perché un maschio e una femmina sono una coppia perfetta. Mi spiegò che aveva parlato con un comportamentista, che è uno psicologo per cani. Questi dopo aver conosciuto Antonino, aveva dichiarato che sarebbe stato il caso di trovargli una compagna. Adesso, il motivo per cui nella mente di Luca la “compagna” dovesse essere una “sorella” non me lo sono mai saputo spiegare, però dovrebbe far riflettere, no? Ad ogni modo, mentre mi immaginavo il sedicente Freud-per-bestie-ringhiose con la pipa in mano a fare conversazione con cani, giraffe e boa, Luca continuava a mostrarmi le foto di Antonino sul suo cellulare: Antonino al parco, Antonino mentre marca il territorio, Antonino riflessivo al mare, Antonino e basta. Poi la musica sul palco del concerto, che si vedeva a mala pena da dove stavamo seduti, divenne troppo alta per il piccolo cagnetto e così Luca decise che era arrivato il momento di andare a metterlo a letto, e l’allegra rimpatriata era finita.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Se dovessi immaginare una location cinematografica per questo tuo racconto mi vengono in mente (non so perchè) gli interni di "Ecce bombo" di Moretti. Potrei candidarmi per la scena del barattolone gigante di Nutella:)

A presto

Max