mercoledì 25 novembre 2009

La storia di Padre Seromba in missione fra i Tutsi.


Aprile 1994, siamo a Nyange vicino Kibuye sul lago di Kivu in Ruanda, quello nella foto è padre Athanase Seromba il pio parroco del paesino dilaniato dalla guerra etnica fra Hutu e Tutsi. Assicurando la protezione della Madonna, padre Seromba convince 1500 Tutsi a rifugiarsi fra le sacre mura della Chiesa, poi chiude a chiave le porte d'uscita, li priva di acqua e cibo e infine dà ordine di sparare su chiunque dall'interno cerchi di evadere. Ha inizio il massacro. Riuniti dei bulldozer della società italiana Astaldi, che stanno là per costruire una strada, decide di abbattere la chiesa "tanto la chiesa sarà ricostruita in tre giorni", dice, e seppellisce così vecchi, donne, uomini e bambini che avevano creduto alle sue parole. Il primo autista del mezzo pesante si rifiuta di eseguire il comando, viene freddato con un colpo di fucile alla testa. Il secondo, attonito, procede. Saranno i Tutsi, però a vincere la guerra e il buon pastore è costretto a fuggire. Si rifugia prima in Zaire e poi trova sicuro asilo in Italia, dove si sa che la Chiesa ha lunghe braccia. Qui a Montughi nella parrocchia dell'Immacolata vicino Firenze, si fa chiamare Anastasio Sumba Bura e continua a dire messa. Sembra che ormai sia scampato alle sue colpe, ma succede che dei giornalisti lo riconoscono. E nel 2002, dopo un lungo tergiversare del governo italiano, il tribunale di Arusha per i crimini commessi in Ruanda ottiene l'estradizione e lo condanna all'ergastolo. Per l'avvocato difensore, Alfred Pognon beninese e fra i fondatori di Avvocati Senza Frontiere, Seromba è innocente e questo è solo un "tentativo per colpire la Chiesa".

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