martedì 10 novembre 2009

Dove c'è il vecchio non c'è spazio per il nuovo.

Motel Woostock è la favola di un tempo in cui si credeva di poter fare tutto, e molte volte ci si riusciva. La prima regola era stare al gioco e il premio, il cambiamento. C'è stato un tempo in cui il Nuovo non faceva paura e gli si dava ascolto, un tempo in cui sballarsi era un mezzo per capirsi e farsi una canna era solo il pretesto per guardarsi dentro. Io non c'ero in quel tempo e oggi è tutto diverso. Oggi si litiga, non ci si ascolta e si fa polemica solo per il gusto di dimostrare che si è più intelligenti, perché si posseggono dei valori. Oggi, quello che ho detto poco fa sullo sballo e sulle canne verrà letto come un inno alla droga. Perché non si ascolta, non si legge, perché è inevitabile che tutto ciò che suona contrario al quieto vivere diventi sovversivo.
C'era una volta in cui chi aveva delle idee non era ostacolato, c'era una volta in cui qualcuno aveva delle idee e le metteva in pratica.
Oggi noi parliamo di crocifissi nelle scuole e di trans e ci riscopriamo talebani di una cultura che in realtà non è nemmeno più la nostra ma ci fa comodo acquietarci nella stabilità del Vecchio. Oggi qui è tutto vecchio e dove c'è il vecchio non può esserci spazio per il nuovo. Il nuovo è un nemico da abbattere. Il nuovo è il diverso, il caos, il rimettersi in discussione, l'accettarsi, l'ascoltarsi, l'unirsi. Il vecchio frena, tenta di censurare. Il nuovo parla di collaborazione, di open source, di spostare lo sguardo oltre il proprio campanile. E il nuovo non l'ascolta nessuno perché per avere applausi e consensi devi essere vecchio, dentro.
Motel Woodstock è un bel film, divertente, perfetto nella ricostruzione e nel casting (Michael Lang è identico) ma è anche un buon pretesto per domandarsi se fosse il caso di lasciar entrare il nuovo anche nelle nostre teste.

Voto: un mereghetti intero.

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