lunedì 13 novembre 2006

Black Dahlia: quello che ho capito


Questa recensione arriva dopo quasi un mese di riflessione da che ho visto il film.
Come da tradizione chandleriana, la prima scena mostra un quartiere in piena guerriglia urbana, il perché di quel caos non è dato saperlo né pare abbia altra funzione se non quella di presentare i futuri protagonisti del film nel pieno della loro attività: Mr Ice e Mr Fire, ovvero il caldo e il freddo, l’apollineo e il dionisiaco, Shiva e Visnù, il bene e il male, lo yin e lo yang. Chiaramente entrambi biondi, magri, elegantemente vestiti. Entrambi poliziotti, entrambi schierati dalla parte del bene se non fosse che uno è vivace e temerario, in preda alle sue passioni e per questo pagherà e l’altro, come vuole il moralismo statunitense, è ligio al dovere, razionale, bambascione, prima di muoversi deve sapere dove arriverà e si salverà solo dopo essersi fatto travolgere per un attimo dal temperamento del suo rivale-miglior amico.
I due per arrotondare lo stipendio e per dilettare i loro superiori fanno i pugili e, sebbene il film contenga diversi fotogrammi che mostrano Yin e Yang alle prese con guantoni e pantaloncini mentre si combattono l’un l’altro, la cosa non ha alcun valore per la storia che dopo mezz’ora ancora non si è capito dove vada a parare.
Una giovane donna viene trovata sezionata in una discarica. Il fatto che sia morta è l’unica cosa che si capirà d’ora in avanti. Il passionale si fa subito intrigare dal caso e mette su una squadra che, fra ciambelle e caffè lunghi, dovrebbe occuparsi anche di altre atrocità. E’ subito chiaro che il passionale è decisamente troppo coinvolto e così tutto il resto per lui passa in secondo piano, compresa la bionda mogliettina che, sentendosi trascurata, decide di circuire il bambascione.
Ma il bambascione, per natura, è anche fedele all’amico così fra colpi di bacino e negazioni bisbigliate a due centimetri dalle labbra della femme fatale, schiva le avances della bionda seduttrice e si butta fra le braccia di una bruna ereditiera dalla sessualità impegnata. Come se non bastasse la capricciosa brunetta è anche identica alla donna trovata morta e che continua a essere presente nella storia attraverso filmati, usciti postumi, di colloqui con registi di film hard che invece di chiederle il curriculum le fanno provare un paio di numeri da Kamasutra.
La liaison fra il bambascione e l’ereditiera, a dispetto della bionda abbandonata, prosegue fra appuntamenti in una garçonierre di periferia e bugie subito smascherate che rivelano un “inaspettato” colpo di scena: la brunetta c’entra qualcosa con il delitto dell’aspirante attrice.
Intanto il passionale, ormai completamente insonne perché il delitto gli ricorda quello della sorellina morta in circostanze per niente simili e che non vedo come ci saremmo potuti arrivare visto che non si sapeva nemmeno che avesse dei genitori figuriamoci una sorella, viene attirato in una trappola e strangolato. Il bambascione scopre che la sua bella bruna è una pazza scatenata che fa parte di una famiglia di ricconi in cui la più normale è la sorella minore che ha come difetto solo quello di essere ninfomane.
Una notte si intrufola nella casa di matti e scopre la sua bella fra le braccia del padre o del patrigno (non si è capito bene) e mentre inizia a dare di matto, dalle scale scende come la Swanson in “Viale del tramonto” la madre della piccola ninfomane, della capricciosa brunetta nonché moglie cornuta del laido patrigno. E’ visibilmente ubriaca e comincia a raccontare di come odiasse il vecchio porco che continua a stringere a sé la sua figlioccia, di come in realtà nessuna di quelle matte fosse figlia del porco e che anzi discendessero direttamente da un giardiniere. Anzi daL giardiniere, poiché a quanto pare non c’era bisogno di un articolo indeterminativo per introdurre una persona che viene citata solo alla fine del film e che ha in sé tutte le chiavi di comprensione. Questo giardiniere era il socio del vecchio porco e insieme si dilettavano a circuire giovanette con velleità artistiche per voisapetebenecosafarci e filmare il tutto come da copione.
La Swanson ubriaca confessa l’omicidio della giovane artista e poi si spara lasciandomi con almeno trenta domande che avrei voluto farle, prima fra tutte: “Ma tu hai capito quello che è successo?”.
Questa che ho riassunto è solo la versione depurata di un film che ha al suo interno almeno altre micro storie tante per quanti sono i protagonisti. Se vi sembra un po’ intricata non andate a vedere il film perché vi confonderà ulteriormente. Fatevelo raccontare da qualcuno che l’ha visto e capito. Oppure se avete la possibilità di poter parlare direttamente con Brian De Palma, chiedetegli da parte mia se per caso ultimamente avesse bisogno di qualche spicciolo per i regali di Natale.

Si merita solo la cravatta di mereghetti... ne faccia buon uso.

2 commenti:

ghettoculturale ha detto...

quanto sei cinica. Io l'ho trovato un bel film, ottimamente ecitato, con una fotografia e una scenografia da manuale e attori eccellenti, soprattutto al madre-Swanson impasticcata.
Vabbhè, l'intreccio è da orticaria, ma il cinema è visione, sogno, pippa mentale, cioè, non so se mi capisci...

Niky Rocks ha detto...

Io ti capirei pure ma Black Dahlia più che un sogno è un incubo. Se vuoi vedere azione, emozione e "pippa mentale" non perderti The Departed che, nonostante Matt Damon (è vero che Di Caprio ristabilisce l'ordine), è un film grandioso. Scusa ma da De Palma mi aspetto sempre dei capolavori, soprattutto se prende come spunto Ellroy.